Collezioni – Ori, Argenti e Paramenti Sacri

Fra la collezione degli ori e argenti presenti nel Museo, un posto di primo piano è occupato dalla spilla angioina, oggetto catalogato dal Lipinski e dal Frangipane quale spillone da piviale agli inizi del secolo scorso. In un documento del 1559, però, la spilla così veniva descritta: “[…] era riposto un anello grande pontificale d’argento dorato con molte margherite ed una perna con la scritta: Cristus vincit, Cristus regnat, Cristus (im)perat….] Si trattava sicuramente della spilla che venne modificata, probabilmente, agli inizi del ‘900, così come si evince dalla borchia saldata sul retro. Insieme alla spilla, in questo documento, sono elencati tantissimi altri oggetti in oro e avorio, che non verranno più menzionati nei documenti a partire dal 1800.


L’opera più rappresentativa, che dimostra il legame che nel corso del ‘700 vi era fra la Calabria e gli argentieri napoletani, è la splendida statua di Santa Anastasia realizzata nel 1792, così come si evince dal punzone consolare. L’opera in argento, commissionata dall’Arc. Ganini, fu realizzata nella bottega dei Baccaro a Napoli. E’ sempre lo stesso Ganini il committente della croce d’altare in argento, dei vasi portapalma e di alcune coppie di candelieri che recano il suo stemma. La statua è da ritenersi importante, specialmente dal punto di vista iconografico. Questa sul modello del dipinto su tavola del 1790, realizzato da ignoto pittore locale, quasi certamente su commissione dello stesso Ganini e in ricordo dell’ennesimo terremoto che nel 1783 provocò distruzioni anche a S. Severina, sul braccio sinistro regge il piccolo borgo stilizzato.


Di G. Simioli, argentiere napoletato attivo fra il 1694 e il 1713, presente in diverse regioni dell’Italia meridionale, è una pisside finemente lavorata che reca incise sei scene della passione di Cristo. Sulla coppa vengono rappresentate: Cristo in preghiera nell’orto degli ulivi, Cristo alla colonna e l’Incoronazione di spine; mentre sul coperchio troviamo: la Crocifissione, la Madonna Addolorata e la Resurrezione. Per l’elaborazione delle scene evangeliche si possono accostare alla pisside le due patene del XVII sec., con incisa l’Ultima Cena.


Altra opera di fondamentale importanza per la storia della Metropolia è la base e il braccio reliquiario di Santa Anastasìa.
Secondo un’antica tradizione, la reliquia fu donata da Roberto il Guiscardo all’Arcivesco del tempo subito dopo la conquista del normanno. La donazione serviva per iniziare a latinizzare il territorio calabrese che per secoli era stato sotto la giurisdizione del Patriarca di Costantinopoli. Un gesto politico di grande importanza, che portava nel popolo santaseverinese la venerazione di una Santa latina al posto di una santa, Santa Severina, di origine bizantina. Il braccio reliquiario è già presente in diversi inventari dal XVI secolo. Questo fa supporre che l’Arc. Falcone (1743-1759), probabilmente, fece rifondere l’antico braccio. Il braccio, infatti, oggi reca il suo stemma. A confermare la presenza di un braccio antico è la base che venne realizzata intorno al 1690 e donata dalla famiglia Gruther, nuovi feudatari, alla Chiesa santaseverinese.


Interessanti e importanti dal punto di vista storico e artistico sono gli ex voto, testimonianza diretta della devozione verso S. Anastasia. La tipologia è varia: anelli, spille, orecchini, catenelle e ciondoli che i devoti per grazie ricevute, donavano alla Santa come pegno o impegno. La collezione presenta oggetti di finissima e varie fatture: orecchini a ciondolo in madre perla su oro bianco, anelli con perle e incisioni. Da segnalare anche tante fedi matrimoniali che recano incisi nomi o dediche. Questo patrimonio a S. Severina si è salvato. In altre realtà si tende a “distruggerlo” rifondendo questi monili per creare oggetti devozionali collettivi!

Come non citare l’inestimabile patrimonio costituito da diverse opere di seta, di broccati, di ricami fatti in filo d’oro, d’argento o di lino. Circa 800 pezzi di varia fattura e provenienza. Si va dalla pianeta del Cardinale Santoro del XVI secolo ai parati acquistati agli inizi del XIX secolo dall’Arc. Pujia. Sono presenti manifatture catanzaresi, veneziane e campane. Una collezione che è tra le più corpose e importante dell’Italia meridionale.

(Tratto da “Museo Diocesano Di Arte Sacra Santa Severina – Catalogo delle opere”, testo di Pino Barone)

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